
L’atmosfera di Hitchcock
La fotografia nei film di Alfred Hitchcock è stata evocativa, provocatoria, avanguardista ed è ancora oggi fonte di grande ispirazione. Ha giocato un ruolo cruciale nel creare suspense, atmosfera enigmatica e profondità narrativa. Ricreare e cercare nel quotidiano le atmosfere suggerite dal grande regista, sono un esercizio creativo e stimolante.
Hitchcock lavorava a stretto contatto con i Direttori della fotografia. Impossibile non citare Robert Burks, che ha curato molti dei suoi film più iconici (ben 12 film di Alfred Hitchcock): L’altro uomo (1951), Io confesso (1953), La finestra sul cortile (1954), Il delitto perfetto (1954), Caccia al ladro (1955), La congiura degli innocenti (1955), L’uomo che sapeva troppo (1956), Il ladro (1956), La donna che visse due volte (1958), Intrigo internazionale (1959), Gli uccelli (1963) e Marnie (1964).

LA COSA CHE PIÙ MI COLPISCE E MI EMOZIONA DI HITCHCOCK È LA SUA CAPACITÀDI PENSARE VISIVAMENTE, SENZA DOVER FARE RICORSO ALLE PAROLE. […] LA SUA CAPACITÀ UNICA, STRAORDINARIA, INIMITABILEDI COMUNICARE ED EMOZIONARCI USANDO SEMPLICEMENTE E SOLO LE IMMAGINI.
(GIANNI CANOVA, ALFRED HITCHOCK. IL CINEMA AI BORDI DEL NULLA, SKIRA, 2019)
Hitchcock utilizzava inquadrature e tecniche fotografiche per coinvolgere direttamente lo spettatore.
- Inquadrature soggettive per farci vedere ciò che vede il personaggio (spesso con risultati inquietanti
e molto coinvolgenti); - L’uso del MacGuffin spesso enfatizzato dalla fotografia, che lo rende predominante visivamente.
Il MacGuffin è un espediente narrativo, un elemento di trama inizialmente centrale ma poi irrilevante (ad
esempio un oggetto o un evento) inserito nel film per motivare le azioni dei personaggi e supportare lo
svolgersi della trama. Sembrerebbe di un’importanza fondamentale ma, in realtà, è privo di un reale
significato. Ciò che quindi caratterizza il MacGuffin e lo rende distinguibile da qualsiasi altro espediente
narrativo è che non ha alcuna importanza la natura dell’oggetto, bensì l’effetto che esso provoca sui
personaggi (immagina la valigetta usata in Pulp Fiction).
Pare che il termine sia stato coniato negli anni trenta dallo sceneggiatore Angus MacPhail, amico di Alfred
Hitchcock, che fu il primo a usarlo espressamente nei suoi film.
USO DEL BIANCO E NERO
NEI SUOI PRIMI FILM, GIRATI IN BIANCO E NERO, HITCHCOCK SFRUTTAVA FORTI CONTRASTI PER ACCENTUARE LE EMOZIONI E CREARE UN SENSO DI DRAMMA. AD ESEMPIO IN PSYCHO (1960): IL BIANCO E NERO AMPLIFICA LA CUPEZZA E IL SENSO DI ISOLAMENTO, SOPRATTUTTO NELLA SCENA ICONICA DELLA DOCCIA, INDELEBILE NEL MONDO DEL CINEMA ANCHE PER IL GIOCO DI LUCI ED OMBRE SAPIENTEMENTE STUDIATO.
ILLUMINAZIONE DRAMMATICA
Hitchcock utilizzava dunque luci ed ombre in modo esemplare per guidare l’attenzione dello spettatore e intensificare il clima di suspense. Il chiaroscuro è una tecnica frequente che permette, attraverso l’illuminazione, di enfatizzare il volto dei personaggi o creare ombre minacciose (come in Shadow of a Doubt). Effetti di retroilluminazione e illuminazione morbida creavano spesso un’atmosfera sognante o inquietante.
L’uso della luce, spesso combinata, contribuisce a creare un equilibrio visivo nelle inquadrature. Ogni frame dei suoi film, è una perfetta fotografia da analizzare e studiare.

Hitchcock utilizzava luci ed ombre per guidare l’attenzione dello spettatore e intensificare il clima di suspense. Il chiaroscuro è una tecnica frequente che permette, attraverso l’illuminazione, di enfatizzare il volto dei personaggi o creare ombre minacciose (come in Shadow of a Doubt). Effetti di retroilluminazione e illuminazione morbida creavano spesso un’atmosfera sognante o inquietante. L’uso della luce, spesso combinata, contribuisce a creare un equilibrio visivo nelle inquadrature. L’altro uomo (Strangers on a Train) è un film del 1951 Diretto da Alfred Hitchcock tratto dal romanzo di Patricia Highsmith Sconosciuti in treno. Il film è stato successivamente riedito con il titolo Delitto per delitto – L’altro uomo. Fu la prima collaborazione con Hitchcock di Burks che, per questo film, ricevette una nomination agli Oscar. Che si trattasse del bianco e nero o del colore, dello stile documentaristico de Il Ladro (The Wrong Man) o dei ricchi cromatismi di La Donna che Visse Due Volte (Vertigo), Burks e Hitchcock lavoravano sempre in perfetta sintonia. Interessante è l’uso delle lampade che diventano parte integrante degli schemi di luce, soprattutto nel film Strangers on a Train. La scelta fu frutto della collaborazione tra Hitchcock e Robert Burks ma naturalmente il merito va anche al progettista delle scenografie George James Hopkins (vincitore di quattro premi Oscar).
ANGOLI DI RIPRESA ESTREMI E MOVIMENTI DI MACCHINA
Hitchcock spesso angoli di ripresa estremi per aumentare la tensione. Riprese dal basso in Strangers on a Train (1951, in Italia «L’altro uomo») mettono lo spettatore in una posizione vulnerabile, mentre angoli dall’alto erano utilizzati appositamente per isolare i personaggi. Le scelte stilistiche erano orientate ad enfatizzare le emozioni ed a raccontare emotivamente i personaggi attraverso l’immagine.
Inoltre era spesso utilizzata la profondità di campo accentuata, sfruttata in diversi film da Hitchcock per mantenere dettagli sia in primo piano che sullo sfondo ma spesso anche per sottolineare eventi paralleli o imminenti. Hitchcock era anche noto per i movimenti di macchina innovativi che servivano alla narrazione. Tutto era finalizzato a suscitare determinati stati d’animo. Alcuni esempi: Rope (Nodo alla gola – 1948): fu girato come un esperimento in piani-sequenza, con pochissimi stacchi di montaggio per far sembrare il film un’unica ripresa continua. Notorious (L’amante perduta – 1946): celebre per il movimento della macchina da presa che parte da un’inquadratura ampia (una festa affollata) e si avvicina a un dettaglio cruciale (una chiave).
EFFETTO VERTIGO
Vertigo (1958) è celebre per l’effetto dolly zoom (o effetto Vertigo), che crea una distorsione visiva per rappresentare la vertigine e la destabilizzazione. L’effetto è stato originariamente concepito da Hitchcock e reso possibile sul set dal cameraman ed esperto degli effetti visivi Irmin Roberts.
Con effetto Vertigo ancora oggi si intende un effetto di distorsione dell’immagine cinematografica dato dalla combinazione di uno zoom in avanti e una carrellata in indietro. Vertigo. Banalmente, un semplice zoom in avanti ci avvicina a un soggetto, mentre una carrellata in indietro ci allontana da esso. L’effetto (conosciuto anche come dolly zoom”, “dolly out/zoom in” o “trombone shot“) è stato usato successivamente anche in molte altre pellicole (pensiamo allo «Squalo»).


L’ossessione per i colori di Hitchcock, presente anche in altri film, in Vertigo diventa vera e propria chiave di lettura, elemento di vitale importanza per capire il film. Il regista usa il colore non solo per dipingere la scena, ma per guidarci dentro l’ossessione dei suoi protagonisti.
Nella pellicola il verde è il colore ricorrente: l’automobile di Madeleine, l’abito di Judy nel suo primo incontro con Scottie e la luce verde che si alterna con il rosso in vari momenti del film e sul volto di Scottie durante il suo incubo. Questi due colori emergono come simboli di inganno, ossessione e tragedia. Nello specifico, il verde simboleggia mistero, inganno e ciò che si cela dietro la superficie. Questo colore accompagna i personaggi nei momenti di ambiguità e bugie e diventa la “maschera” di Madeleine. Anche Scottie lo indossa in una scena cruciale del film, sottolineando il suo inganno quando mente a Madeleine per mantenere il controllo su di lei. Il rosso rappresenta fatalità, passione ed un destino inevitabile. Madeleine ci appare per la prima volta con un sfondo rosso acceso ed è il colore che vedremo in alcuni dei momenti più drammatici del film. Nulla è lasciato al caso: ogni colore racconta una storia nascosta.
Il tema della vertigine è perfettamente raccontato tramite le immagini ed è, oltre che il titolo, un chiaro riferimento alla perdita della ragione di Scottie resa palese durante il film. Durante il suo incubo Scottie cade in una spirale senza fine, l’ipnotica vertigine che inghiotte sia i protagonisti che gli spettatori e che diventa elemento ricorrente fin dai titoli di testa, curati da Saul Bass. Ritroviamo la spirale nello chignon di Madeleine, nei cerchi concentrici del tronco al parco delle sequoie dove si recano a passeggiare lei e Scottie e nella scala a chiocciola del campanile. Notevole è anche il tema del doppio rappresentato dalla presenza di specchi e riflessi. L’ambiguità è ben rappresentata da inquadratura, elementi e colori. Nella camera d’albergo Judy recita Madeleine che recita a sua volta la sua bisnonna Carlotta Valdes. Un susseguirsi di spirali ci accompagna nel cuore della trama, che ci appare essa stessa come una spirale avvolgente.




LE DONNE DI HITCHCOCK
Le protagoniste dei film di Alfred Hitchcock – Grace Kelly, Tippi Hedren, Kim Novak, Ingrid Bergman, Janet Leigh… – incarnano una femminilità enigmatica e affascinante, sospesa tra seduzione e minaccia.
Le muse hitchcockiane sono personaggi femminili a volte ambigui, all’apparenza freddi e austeri, capaci di attrarre e inquietare allo stesso tempo. La scelta delle protagoniste femminili era un’operazione sacra, da effettuare con attenzione quasi maniacale.
Hitchcock rappresenta la donna sia come oggetto del desiderio sia come forza ambivalente e sfuggente. Ciò fa riflettere su come l’estetica hitchcockiana riesca a fondere bellezza e suspense creando un complesso ritratto del femminile, invitando a scoprire un universo tanto seducente, quanto inquietante, riflesso dell’ambiguo e conflittuale rapporto tra Hitchcock e la figura femminile.
IL MISTERO E L’ENIGMA: LE DONNE NELL’UNIVERSO HITCHCOCKIANO


«LE BIONDE SONO LE VITTIME IDEALI, SEMBRANO VIRGINALI FIOCCHI DI NEVE DAI QUALI TRASPARE
UN’IMPRONTA INSANGUINATA».
ALFRED HITCHCOCK
I TITOLI DI VERTIGO E LA COMPUTER GRAFICA NEL CINEMA
Le sequenze disegnate da Saul Bassper i titoli della trilogia non ufficiale dei capolavori di Alfred Hitchcock – Vertigo (1958), North by Northwest (1959) e Psycho (1960) – annunciano i motivi visivi dei vari film e suggeriscono le loro basi psicologiche. Per i titoli di Vertigo, Hitchcock aveva anche un altro collaboratore:
John Whitney. È considerato un pioniere dell’animazione al computer: lavorò in televisione dagli anni ’50 ai ’70 e creò alcune delle prime opere digitali. Whitney era stato ingaggiato per eseguire il compito apparentemente impossibile di trasformare i complicati disegni di Bass per Vertigo in immagini in movimento. Per risolvere questo problema, Whitney si servì di un enorme e obsoleto computer militare chiamato The M5 gun director.
La M5 gun director pesava oltre 380 Kg e aveva 11.000 componenti. Il suo movimento si basava sull’esecuzione di equazioni matematiche. Il lavoro di Whitney sulla sequenza di apertura di Vertigo potrebbe essere considerato il primo esempio di grafica computerizzata in pellicola attraverso una personalizzazione di un pezzo di artiglieria militare.
Per approfondire…
https://thedigitally.it/post/come-il-film-vertigo-ha-portato-la-computer-grafica-nel-cinema/
FONTE DI ISPIRAZIONE
Nel 1962 Francois Truffaut, giovane cineasta d’avanguardia, che si divide tra l’attività critica per i Cahiers du Cinéma e le sperimentazioni della Nouvelle Vague, intervista Hichcock ponendogli ben 500 domande. Tale lavoro diverrà, nel 1966, un libro: «Il cinema secondo Hitchcock».
Ai registi della Nouvelle Vague come Éric Rohmer, Claude Chabrol e Jean-Luc Godard è dovuto il grande lavoro di rivalutazione dell’opera di Hitchcock in ambito critico: i loro film pullulano di citazioni al regista e al suo lavoro (Sandro Bernardi, L’avventura del cinematografo, pp. 220-221).
Molti registi contemporanei hanno omaggiato la maestria tecnica di Hitchcock : Martin Scorsese, Quentin Tarantino, Steven Spielberg, Woody Allen, Ridley Scott, Tim Burton, per citarne solo alcuni. Continua ancora oggi ad essere fonte di ispirazione per i registi di tutto il mondo. Ma non solo: la fotografia ancora attinge a piene mani dall’universo onirico di Hitchcock.

APPROFONDIMENTI E LIBRI CONSIGLIATI
Alfred Hitchcock «La donna che visse 2 volte», Maurizio del Ministro Casa editrice Universale Film.
Georges Sadoul, Storia del cinema mondiale dalle origini ai nostri giorni, traduzione di Mariella Mammalella, Feltrinelli, Milano 1964.
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